Viaggio da sempre per un gran numero di motivi diversi in cui ciascuno potrebbe ritrovarsi, ma viaggio soprattutto perché lo voglio.
Mettere tra casa mia e un luogo scelto un po’ di chilometri è ciò che veramente desidero.
Anche le ricerche scientifiche dimostrano che quando prenotiamo un viaggio, la destinazione non è sempre così importante, mentre diventa basilare soddisfare quel bisogno radicato di volerci allontanare dal nostro porto e dal nostro quieto vivere.
Interporre una certa distanza tra casa e un luogo qualunque non perché ci sentiamo stressati, o perché ci vada di vedere qualcosa di diverso, o perché siamo stanchi dei soliti paesaggi, ma perché ne abbiamo realmente bisogno, è la giusta motivazione. Sarà che qualcuno lo fa più spesso perché ce l’ha scritto nel DNA (il gene DN4-7R, è correlato alla curiosità e influisce sul livello di dopamina nel cervello così che, chi lo possiede, e secondo gli scienziati nel mondo sono due persone su dieci, risulta essere entusiasta quando parte per un nuovo viaggio), io lo faccio perché attraverso il viaggio conosco, faccio nuove esperienze, cresco e mi sfido.
Dicono che chi viaggia è una persona che in realtà ha una voglia matta di adattarsi e riadattarsi. Per fare ciò c’è bisogno di curare la propria forma fisica e quella mentale: essere sempre un po’ allenati, saper riposare quando è il momento, nutrirsi nel modo giusto, gestire le risorse a disposizione, affrontare le difficoltà impreviste, studiare la carta topografica, sapersi arrangiare anche in condizioni metereologiche avverse, senza paura della fatica.
Il viaggio non è una marcia nell’ignoto. Nel mio zaino non mancano mai un poncho impermeabile per acquazzoni improvvisi; una torcia perché il buio improvviso che limita il campo visivo e il muoversi nell’oscurità richiedono più coraggio; un coltellino svizzero per ogni necessità; un cordino; un rotolino di nastro adesivo; un accendino; un mini-kit di soccorso per banali ferite, vesciche, scottature, problemi intestinali; qualche sacchetto di plastica trasparente per contenere, per isolare, per riparare; una micro saponetta messa a disposizione negli alberghi per la pulizia personale improvvisa; occhiali da sole e cappellino con visiera tutto inserito in modo tale da poter essere sfilato velocemente senza fermarsi.
Ogni singolo elemento assume la sua importanza.
I viaggi in cui non tutto corre nel verso giusto sono quelli interessanti e piacevoli da raccontare: gli aneddoti migliori fanno seguito agli imprevisti e catturano l’attenzione.
Sono cresciuto guardando atlanti e mappamondi, puntando il dito indice su strade, mappe e destinazioni che forse un giorno avrei raggiunto. Da un’infanzia curiosa ho colto che non avrei saputo mai scegliere un posto del cuore, non è possibile sceglierne solamente uno.
Dall’Africa al Circolo Polare Artico, io amo qualcosa di ogni posto che ho visto. E non mi sono mai sentito troppo straniero in nessun luogo. Forse sono un viaggiatore per istinto e come insegna la storia, siamo dei nomadi o lo eravamo, di sicuro i nostri antenati lo erano. La civiltà umana ha da sempre sostenuto grandi spostamenti.
Essere viaggiatore non è solo viaggiare. E’ anche una maniera di vivere.
Non si prende soltanto un aereo o un altro mezzo e si parte verso una destinazione da visitare spostandosi temporaneamente in un luogo diverso dal proprio: viaggiare è un modo di vedere e percepire l’ambiente circostante, averne rispetto rendendosi consapevoli dei pericoli dell’inquinamento e immergersi in un’altra vita, assaporare un’altra conoscenza, regalare parte di sé alle persone che si incontrano e ricevere in cambio parte di loro. “Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta”: di ciò tutti riconoscono il valore e l’indubbio fascino.
Ma quali sono i vantaggi effettivi del viaggiare?
Fa bene alla mente, al cuore, al corpo e alla carriera; ci rende sorridenti, attivi, aperti ad accogliere quello che il mondo può offrire.
E’ la scienza a dimostrare che viaggiare è un’opportunità sulla strada della felicità e non solo un’impressione scontata.
Viaggiare soddisfa quella voglia di girovagare dal significato più profondo che indica anche il bisogno di scoprire luoghi sempre diversi e che gli americani definiscono “wonderlust”.
Viaggiando non si scappa dalla realtà quotidiana e dai problemi.
Andarsene dal luogo in cui trascorriamo la maggior parte del tempo consente alla mente di liberarsi e di divenire più conscia e più consapevole delle varie situazioni. In viaggio riusciamo a esternarci e a osservare dal di fuori ogni cosa, quindi a valutare con più razionalità e a trovare una soluzione. La distanza diventa così purificatrice e liberatoria per la mente.
Chi viaggia è più aperto e creativo. Anche solo spostarsi per lavoro ci rende tali: la ragione è che crearsi nuove abitudini o conformarsi a quelle locali, stare a contatto con la gente di un paese straniero e la loro cultura aziona quello che gli studiosi definiscono flessibilità cognitiva.
Il viaggio aumenta le connessioni neuronali e quindi l’efficienza del cervello. Chi viaggia molto ha una maggiore densità di neuroni in alcune zone cerebrali. Tutte le attività legate al viaggiare come percorrere sentieri sconosciuti, assaggiare per la prima volta il meglio della cucina locale, dallo street food alle zuppe senza farsi spaventare dagli insetti o da serpenti e roditori, imparare poche parole in un’altra lingua per farsi capire senza essere impeccabili, esplorare le usanze straniere (per poi scoprire il valore storico delle proprie!), assorbire le diversità, creano nuove connessioni, nuovi circuiti nel cervello stimolandolo. Anche la memoria ne trae vantaggio: viaggiare “migliora l’efficienza cerebrale dorsolaterale, molto importante per la memoria a lungo termine.”
Viaggiare contribuisce pure ad aumentare l’autostima perché, secondo gli studiosi, migliora “il senso di controllo sulla propria vita”, espande l’abilità di relazionarsi con gli altri e “modifica la propria scala di valori”.
A conclusione di questo articolo, voglio condividere con Robert Reid di Lonely Planet e dagli studi pubblicati, che i viaggiatori hanno numerosi vantaggi rispetto ai sedentari.
Per me che faccio del movimento la mia missione e la mia filosofia di vita, viaggiare è confrontarsi col proprio essere e con le proprie abilità.
Viaggiare inizia con un’idea, un desiderio: inizia dal momento in cui cominciamo a pensarlo, a idearlo per poi programmarlo. Da coach mi viene da dire che, se il nostro cervello comincia a viaggiare semplicemente immaginando la destinazione, ancor prima della reale partenza, allora è fondamentale visualizzare nella nostra mente l’intero percorso e noi imbarcati in una nuova sfidante avventura.
*Articolo coperto da Copyright.
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