RINGIOVANIRE CON L’ATTIVITÀ FISICA ?

Invecchiare è fisiologico, naturale, inevitabile.

C’è un invecchiamento biologico che prevede numerose modificazioni fisiche come l’abbassamento dell’udito, un indebolimento della vista, i capelli bianchi o il battito cardiaco che tende a rallentare, per citarne alcuni, così anche per il cervello, ma questo non rappresenta che circa il 30% dell’intero processo. 

Sono le singole cellule che cambiano e così tutti gli organi fino a indurre trasformazioni nell’aspetto esteriore della persona e nelle funzioni del suo organismo. Non si ferma il tempo e ogni corpo è destinato a invecchiare stando al passo con il suo processo naturale. Seguendo il suo ritmo, il corpo fisico si logora, si usura e si trasforma in modi diversi e in tempi diversi da soggetto a soggetto e invecchia. 

Il 70% di questo lento e inesorabile cambiamento può essere però controllato da un corretto stile di vita: ciò significa che possiamo non subire questo cambiamento se facciamo le scelte giuste.

Il 70% del processo di deterioramento fisico legato all’invecchiamento, infatti, come la debolezza, la fragilità, i problemi di equilibrio, gli acciacchi articolari e muscolari, il rallentamento metabolico si può prevenire quasi fino alla fine dei nostri giorni.

Una buona manutenzione del nostro corpo fatta cambiando stile di vita a qualsiasi età (perché non è mai troppo tardi!) e muovendosi di più evita numerosi problemi e infortuni che capitano solitamente nell’ultimo terzo della vita. Perché invecchiare è anche questione di abitudini e scelte di vita.

Se tornare indietro nel tempo non si può, conviene tenere il corpo attivo con regolarità e costanza per ringiovanire almeno da un punto di vista funzionale.

Ringiovanire è legato alla possibilità di vivere fino oltre gli 80 anni con un corpo fisico e un organismo efficiente come se ne avessimo 50 – 60! 

Ma come fare e quanto incide l’attività fisica in questo processo? 

L’attività fisica praticata costantemente cambia i segnali inviati al corpo: ogni esercizio fisico, infatti, invia segnali chimici al cervello e al corpo di vitalità, di energia e non certo di decadimento. Come dire che fare esercizio fisico inverte la chimica del decadimento!

Le cellule del nostro corpo vengono periodicamente sostituite con quelle nuove e sono i muscoli a controllare la chimica della crescita. Se noi stimoliamo la muscolatura con l’attività fisica costante, siamo in grado di garantire la nuova crescita delle cellule anziché il loro progressivo decadimento.

Gli effetti di un’attività fisica costante, di intensità moderata e cadenze ravvicinate, rallenta l’invecchiamento a livello cellulare facendo guadagnare un buon numero di anni. La misura di questo “ringiovanimento” è data dai telomeri che rappresentano una sorta di orologio biologico e che si riducono in lunghezza man mano che si aggiungono anni alla vita.

I telomeri sono considerati le estremità dei cromosomi e hanno la funzione di proteggerli da un processo di deterioramento mentre si accorciano con l’avanzare dell’età. Le persone non più giovani che praticano poca attività fisica o sono sedentarie, hanno i telomeri dei loro cromosomi più corti di quelli delle persone attive.

(Fonte: Studio della Brigham Young University pubblicato sulla rivista Nutrition Examination Survey).

Muovendosi di più o continuando ad essere sportivi si ha un’età biologica inferiore rispetto coloro che hanno uno stile di vita sedentario.

Chi non fa attività fisica, infatti, e rimane inattivo, in particolare dopo una certa età, ha cellule biologicamente più vecchie di chi è attivo (ricerca sull’American Journal of Epidemiology della University of California, San Diego School of Medicine).

Fare attività fisica corregge quel declino funzionale dovuto alle mancate, continue sollecitazioni alla muscolatura. Condurre una vita sedentaria e reagire poco agli stimoli motori per pigrizia o trascuratezza comporta già dai quarant’anni in sù un’ atrofia muscolare cioè una perdita graduale di massa muscolare (massa magra) denominata sarcopenia (Leggi l’articolo del blog “L’esercizio fisico contro invecchiamento e sarcopenia” ).

Inoltre, muovendosi poco, il corpo tende ad accumulare più grasso perché il suo metabolismo rallenta e brucia di meno. Rimanendo sempre attivi, al contrario, I muscoli più tonici consumano di più, mantengono controllato il peso corporeo e contrastano l’accumulo di grasso.

Alcuni fattori chimici come le miochine, proteine rilasciate dai muscoli durante l’attività fisica, sembra permettano ai muscoli di avere una “comunicazione” con il cervello, con organi quali il pancreas, il fegato e pure con il tessuto adiposo attraverso una modulazione endocrina. Questa comunicazione riguarda la regolazione del benessere fisico. 

Cosa significa? 

Significa che il muscolo, come un organo endocrino, libera citochine e altri peptidi, le citate miochine, che svolgono un’azione antiinfiammatoria e di mediazione degli effetti benefici sull’organismo.

(Fonte: Hoffman e Weigert. Cold Spring Harb Perspect Med, 2017);

(Fonte: Pratesi et al. Skeletal Muscle: an endocrine organ. Clinical Cases Mineral Bone Metabolism, 2013).

Le miochine agiscono anche sulla perdita del tessuto adiposo agendo sul metabolismo dei lipidi, dei glicidi e sul grasso viscerale.


Benessere fisico, controllo del peso, metabolismo efficiente sono i risultati di un’attività fisica regolare, ma non basta. Dando tono e sviluppando il trofismo muscolare anche la pelle ne beneficia perché, maggiormente sostenuta e distesa sui muscoli più sviluppati, fa sembrare più sode le “carni” con minore effetto “tendina”!

Attivare un corpo con l’esercizio fisico significa garantire prestazioni di reazione alle varie situazioni e ai vari contesti, controllo delle posture assunte e quindi migliore aspetto esteriore, significa ottimizzare la sinergia muscolare così da avere maggiore efficacia nelle azioni, coordinazione e controllo del corpo nello spazio.

Sappiamo che invecchiare comporta una diminuzione della prestazione aerobica: la frequenza cardiaca massima si riduce e il massimo consumo di ossigeno cala di circa l’1% ogni anno.

Con una certa quantità di esercizio fisico, però, svolto con continuità si può recuperare una buona percentuale del valore del VO2 max (= massimo consumo di ossigeno al minuto durante uno sforzo fisico dinamico, di intensità massimale coinvolgendo i grandi gruppi muscolari) cioè il maggiore lavoro sostenibile nell’unità di tempo utilizzando il metabolismo aerobico. 

E se con l’attività fisica si ripristina il VO2 max perduto con il processo di invecchiamento, è come tornare indietro negli anni e sembrare più giovani oltre che sentirsi più giovani!

L’obiettivo di un’attività fisica specifica per ogni persona che vuole ringiovanire è di migliorare il corpo in maniera globale. E Il miglioramento deve intendersi sia delle capacità motorie, dello sviluppo della forza, della resistenza (più fiato), della velocità e dell’equilibrio oltre che dell’aspetto estetico.

L’attività fisica per ringiovanire non deve essere selettiva, ma utile ad allenare il corpo nel suo insieme. Forza, resistenza, flessibilità, controllo devono essere stimolati grazie agli esercizi fisici di tipo funzionale che servono a compiere meglio tutti quei movimenti che ritroviamo nella vita di tutti i giorni e che, a sua volta, diventano essi stessi esercizi alienanti.

L’attività fisica deve essere anche sostenibile da ciascuna persona in base alle sue caratteristiche fisiche, alle sue condizioni oltre che in base alle sue necessità fisiologiche perché deve essere portata avanti nel tempo fino alla fine dei propri giorni. Non ci sono scuse: per invecchiare bene e pretendere di ringiovanire funzionalmente dovremmo porre l’attività fisica obbligatoria nella nostra vita soprattutto dopo i cinquant’anni! Solo così possiamo mantenere o addirittura migliorare la forma fisica e la qualità della vita riducendo quel senso di stanchezza e a fatti meno affaticamento tipico di un’età che avanza.

Dal punto di vista pratico dobbiamo chiedere a noi stessi prima di tutto un impegno costante se vogliamo ringiovanire perché spesso accade che fare attività fisica non piaccia. 

In secondo luogo dobbiamo affidarci alla professionalità e alla competenza delle figure del settore: iscriversi in palestra, ad esempio, è l’aiuto necessario per saper cosa fare e perché è importante avere un posto dove andare e non improvvisare.

La guida di personale qualificato in esercizio fisico può spiegarci che il lavoro di flessibilità aiuta il tessuto connettivo a conservarsi elastico, le articolazioni meno rigide, i movimenti più ampi, un corpo più flessibile; che il lavoro di forza (2 volte alla settimana) usando i pesi serve a fermare quei processi di invecchiamento che comportano perdita della massa ossea, del tessuto muscolare (sarcopenia), disidratazione delle cartilagini, perdita dell’elasticità dei legamenti e dei tendini; che il lavoro di resistenza (come camminare, nuotare, pedalare, ecc.) migliora i sistemi cardiocircolatorio e respiratorio soprattutto mantenendo una respirazione di solo naso e senza affanno; che il lavoro propriocettivo o di controllo dà grande stabilità al corpo nello spazio, armonia, coordinazione ed equilibrio alla persona.

Un corpo che ottiene tutti questi risultati dall’attività fisica è un corpo che non mostra i segni dell’invecchiamento e che a tutti gli effetti è più giovane del corpo di coloro che rimangono inattivi e che si lasciano andare senza reagire. 

Ecco perché si può ringiovanire con l’attività fisica.


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SOPRAVVIVERE ALLO SMARTWORKING CON L’ATTIVITÀ FISICA

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ci ha fatto sperimentare una modalità lavorativa che ci consente di lavorare in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata (anywhere and anytime), in questo caso da casa, utilizzando i dispositivi mobili come il proprio computer, il tablet, lo smartphone, ecc.: lo smartworking.

Caratteristico di alcuni settori oggi lo smartworking sta coinvolgendo tutti gli ambiti e tutte le persone e sembra improntare il futuro del mondo del lavoro: bisogna però sapersi organizzare bene.

È vero che lo smartworking o il lavoro agile è un modo flessibile di adempiere ai propri impegni lavorativi, ma, al di là dei numerosi vantaggi tra i quali poter lavorare da casa oppure avere tutto il tempo a disposizione, comporta una serie di conseguenze sul piano psico-fisico e sulla salute.

L’impatto dell’attività digitale nella vita delle persone, l’isolamento dal contesto lavorativo, relazionale e i mancati spostamenti giornalieri penalizzano lo slancio motorio e favoriscono i comportamenti sedentari. Si resta troppo a lungo fermi e seduti (leggi l’articolo del blog:”Perché troppo fermi e seduti fa male?”).

Sappiamo che i comportamenti sedentari influiscono sull’aumento del peso corporeo, delle problematiche osteoarticolari, del livello del colesterolo e della pressione sanguigna, così come possono disturbare il ritmo sonno-veglia, dare irritabilità e rendere più difficile la concentrazione.

Un corpo fermo in uno spazio limitato, una mente interconnessa, l’uso continuo dei dispositivi tecnologici, la costante reperibilità, la richiesta di risposte e soluzioni rapide, l’interferenza e la sovrapposizione tra lavoro e vita privata provocano un aumento dei livelli di stress con ripercussioni anche sul sistema immunitario.

Se da un lato lo smartworking non entra in merito all’orario, dà più opportunità e libertà di tempo perché punta sugli obiettivi, dall’altro disorienta facendoci rischiare perdite di tempo e di concretezza nell’organizzazione giornaliera.

Ci si dimentica di fare una pausa o spesso si rimanda a più tardi con il rischio non solo di muoversi poco, ma anche di precipitare nell’overwork e di esagerare.

Lo smartworking riduce inevitabilmente la quantità di attività motoria compiuta normalmente durante la giornata e, svolgendosi negli spazi casalinghi, accorcia il raggio d’azione e gli spostamenti. Confinati in casa siamo tutti più fermi.

Il danno fisico legato all’inattività, alla ripetitività di piccoli gesti poco funzionali per il nostro corpo (digitare, spostare il cursore o il mouse, ecc.) o ai rischi ergonomici (tipo di sedia, posizione al computer, ecc.) è valutabile nell’immediato e nel tempo.

Liberi di stare come ci pare, vestiti comodi, a casa lavoriamo senza dubbio in posizioni molto più rilassate, molto meno corrette e funzionali di quando siamo sul posto di lavoro sotto gli occhi di tutti. Così facendo perdiamo il ritmo di prenderci cura di noi stessi.

Contrastare la sedentarietà è il primo consiglio suggerito oltre che stabilire dei ritmi di impegno lavorativo ben definiti alternati a pause attive.

Lo smartworking comporta tensioni fisiche e mentali che si traducono in contratture fisiche e stress mentale perché il corpo non convoglia la sua energia in nessuna espressione motoria. Non basta alzare il dispositivo digitale all’altezza degli occhi per evitare di piegare la testa in avanti oppure evitare di utilizzare poltrone e divani come postazione di lavoro o le gambe accavallate!

La gestione dello smartworking prevede l’interruzione del lavoro per permettere alla muscolatura sollecitata nella posizione seduta di evitare il sovraccarico di lavoro e a quella poco stimolata di lavorare di più. Ecco perché è importante staccare con regolarità e muoversi. Se la sedia su cui sediamo a lungo non è ergonomica o non è una fitball, le interruzioni devono essere più frequenti.

È il tessuto connettivo ad essere coinvolto quando si è a lungo fermi e seduti, responsabile di retrazioni e disturbi muscolari e articolari.

Non è la postura sbagliata a creare tensioni muscolari al collo e alla schiena, ma la quasi immobilità con minime variazioni di posizione spesso verso quella più rilassata. 

L’impegno di non rinunciare alla salute comporta l’interruzione dello smartworking con brevi intervalli dedicati al movimento come fare esercizio fisico di resistenza, flessibilità e forza e ai bisogni primari come idratarsi, alimentarsi e andare al bagno. 

Usando un timer da cucina possiamo impostare le sessioni di lavoro della durata di 30-60 minuti a cui aggiungere la pausa attiva di 5-10 minuti. Ogni 2-3 tre ore di lavoro circa far seguire 30 minuti per camminare, possibilmente all’aperto, senza fermarsi, a passo sostenuto unendo qualche movimento complementare alle anche, ginocchia e caviglie, per esempio, (alzare le ginocchia al petto, procedere sugli avampiedi per contrarre di più i polpacci, portare i talloni ai glutei) per far circolare la linfa (leggi l’articolo del blog:”Muoversi per…far circolare”).

Rimanere attivi, pur confinati in casa o in spazi limitati, è il modo migliore di affrontare lo smartworking ed evitare le sgradevoli ripercussioni muscolo- scheletriche, circolatorie e metaboliche. 

È vero che contrastare la posizione seduta con una serie di azioni fisiche come i lavori domestici o le incombenze familiari può dare già molti benefici.

Nel mondo anglosassone la Non-exercise activity thermogenesis (NEAT) già da tempo definisce quel processo metabolico di dispendio energetico facendo quotidiane attività non paragonabili alla vera attività fisica, che tengono in movimento il nostro corpo. Così muoversi a tempo di musica, camminare mentre si telefona, stare in piedi, piegarsi, salire e scendere le scale, fare i lavori di casa e gestirla, accovacciarsi, spostare oggetti, giocare con i bambini sono movimenti ordinari eseguiti da tutti abitualmente e utili ad un corpo sedentario.

Ma non basta. Lo smartworking deve essere sostenibile per consentire al corpo di stimolare ogni giorno nelle giuste dosi (leggi l’articolo del blog:”Posologia dell’esercizio fisico”) la resistenza, la forza, e la flessibilità attraverso esercizi specifici. Potrebbe bastare seguire un corso di ginnastica on-line, curiosare tra i tutorial sul web o scaricare una app, ma è importante essere cauti e consapevoli delle proprie limitazioni, tener conto delle proprie caratteristiche fisiche, dei bisogni legati alla condizione fisica per non sollecitare troppo e male un corpo che rimane a lungo seduto soprattutto quando non si ha una grande esperienza. 

L’allungamento muscolare porta in detensione anche i tendini, i legamenti, le fasce di tessuto connettivo che avvolgono queste strutture liberando così le articolazioni e ridando quell’elasticità e leggerezza fisiologiche. Del resto “stiracchiarsi” viene naturale soprattutto al risveglio quando il corpo si desta da un lungo intervallo di immobilità! 

Conoscere “perché” fanno bene certi esercizi fisici aiuta a cogliere l’importanza e a farli più volentieri.

I benefici dell’attività fisica per lo smartworking si hanno solo se la svolgiamo regolarmente e, anche se poco esercizio è meglio di niente, vale la regola che sia costante.

Lavorare da remoto con i dispositivi digitali è la premessa dei nuovi scenari di domani. Lo smartworking si è diffuso, ma al centro deve stare la salute delle persone. Con l’attività fisica si può.

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SEDENTARI O INATTIVI?

Sedentario e inattivo non sono sinonimi. Dal latino sedentarius, l’etimologia della parola definisce la condizione di chi rimane a lungo seduto, fermo, stabile, che non si sposta molto.

Basta fare il calcolo del tempo trascorso ogni giorno da seduti per i pasti, in automobile o su un mezzo di trasporto cittadino, sul lavoro, a scuola, al computer nel tempo libero per socializzare, leggere, rispondere, curiosare, o ai videogiochi, in attesa in qualche ambito pubblico, sul divano davanti la tv, ecc. per realizzare che il numero delle ore è davvero elevato.

Il comportamento sedentario che indica la posizione seduta o reclinata e le relative attività sedentarie sopracitate ha un dispendio energetico molto basso, inferiore a 1,5 volte quello del riposo e del sonno.

Inattivo è invece colui che per indole, per scelta o per limitazioni fisiche e funzionali rimane a lungo fermo, poco dinamico e non orientato alla pratica di qualsiasi attività motoria. E l’inattività è la condizione di chi si astiene dal muoversi: è la mancanza di attività motoria.

Il concetto di sedentarietà si distingue da quello di inattività e ci aiuta a comprendere come un sedentario sia anche colui che pur praticando un quantitativo minimo di attività fisica giornaliero, resta a lungo seduto sul lavoro, negli spostamenti o a casa.

Cosa significa ciò? 

Che essere sedentari e cioè a lungo fermi e seduti rimane il fattore di rischio più serio per la salute indipendentemente dal livello di attività fisica (leggi l’articolo del blog: “Perché troppo fermi e seduti fa male?”). Non basta il corso di ginnastica uno o due volte alla settimana o l’attività intensa del weekend per eliminare i rischi dati dalla sedentarietà! Oltre ad aumentare il proprio livello di attività fisica nell’arco dell’intera settimana, diventa fondamentale interrompere di tanto in tanto la posizione seduta con qualche esercizio, qualche semplice contrazione muscolare, due passi intorno la sedia, insomma, fare una pausa attiva.

E da questa riflessione è facile dedurre che la condizione più rischiosa per la salute è quella delle persone sedentarie e inattive!

Ma vediamo nei dettagli cosa significa essere attivi oggi e quali sono le classificazioni.

Un individuo è considerato attivo quando svolge un lavoro pesante come il muratore, lo scaricatore, l’agricoltore, il manovale, ecc. che richiede uno sforzo fisico considerevole. Attivo è anche colui che pratica dell’attività fisica secondo le linee guida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), cioè 30 minuti di attività moderata per almeno cinque giorni alla settimana oppure 20 minuti di attività intensa per almeno tre giorni alla settimana.

Un soggetto è considerato parzialmente attivo quando non svolge un lavoro pesante, ma moderato come quello del cameriere, della commessa, dell’operaio, dell’addetto alle pulizie, per esempio, e pertanto non gli è richiesto alcuno sforzo fisico elevato, inoltre, nel tempo libero pratica un po’ di attività fisica al di sotto dei livelli suggeriti dalle linee guida.

Un individuo è considerato sedentario quando non svolge un lavoro pesante né moderato e rimane seduto buona parte della giornata. Riguardo l’attività fisica praticata, per l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) questa persona è comunque sedentaria se ne pratica meno di 1 ora e 30 minuti alla settimana escludendo il fare la spesa settimanale o gettare le immondizie.

Riguardo l’attività fisica che tutti possono scegliere di svolgere tranne il soggetto inattivo, abbiamo visto che c’è quella moderata caratterizzata da un lieve aumento della frequenza cardiaca, della respirazione con un po’ di sudorazione come camminare a ritmo sostenuto, pedalare in bicicletta, fare ginnastica dolce, ballare, dedicarsi al giardinaggio, ai lavori domestici o di manutenzione, ecc. (leggi l’articolo del blog “Quando il giardinaggio è esercizio fisico”) oppure c’è l’attività fisica intensa che determina un importante aumento del battito cardiaco e della respirazione con sudorazione come correre, pedalare energicamente, fare ginnastica aerobica, lavoro funzionale o sport agonistici.

L’attività fisica, ricordiamolo, è il movimento del corpo, in ogni suo genere, prodotto dalla contrazione muscolare volontaria tale da comportare un aumento del dispendio energetico rispetto quello richiesto per il metabolismo basale. Questo tipo di attività è mirata a far lavorare in modo proporzionale ed equilibrato tutte le parti del corpo coinvolgendo e coordinando la muscolatura, le articolazioni, i sistemi cardiaco e respiratorio.

Non basta considerarsi attivi perché lavoriamo, ci spostiamo da un un luogo ad un altro camminando o in bicicletta, perché ci dedichiamo al riordino della casa, al giardinaggio, alla manutenzione, quando giochiamo con i bambini o portiamo a passeggio il cane.

Essere fisicamente attivi non ha niente a che vedere con la pratica di un’attività fisica o di una disciplina sportiva: le persone attive non sono necessariamente sportive!

Sedentarietà e inattività fanno male alla salute e sono fattori di rischio di molte patologie: non sono malattie, ma uccidono come una malattia. Un comportamento sedentario e inattivo è sempre nocivo per un corpo fatto per muoversi. Il nostro corpo, infatti, questo complesso sistema biochimico metabolico, ha bisogno di continue sollecitazioni muscolari antigravitarie date dal movimento e dall’esercizio fisico per funzionare al meglio. Stare troppo fermi comporta un lento e progressivo decadimento generale dell’organismo per una mancata funzionalità di tutti gli organi, dei sistemi cardiocircolatorio, respiratorio, endocrino (produzione di ormoni), neurologico, immunitario, ecc.

Risultato?

Un un rallentamento e un graduale deterioramento fisico e funzionale che portano dritto alle varie patologie. Il problema attuale è che un’alta percentuale di popolazione italiana (adulti e bambini) non è sufficientemente attiva per godere dei benefici alla salute. Forse perché non è consapevole di essere sedentaria o inattiva. Magari chi è in sovrappeso o obeso ha forse l’intuizione di essere fuori strada, ma chi è normo peso e non lamenta ancora i disturbi legati alla mancanza di movimento, oltre ad essere convinto che basti controllare il peso per stare in salute, non realizza che la sua condizione di salute va gradualmente peggiorando. È bene maturare la consapevolezza di quanto lo svolgimento del proprio lavoro, gli aiuti tecnologici nella vita quotidiana, le circostanze personali ci mantengano fermi, seduti e poco dinamici. 

Sono molte le persone, inoltre che non hanno la minima idea di quanto attive siano. Sedentari e parzialmente attivi sono convinti in realtà di farne abbastanza senza avere parametri di riferimento o affidandosi ad un fai-da-te. E sono molti anche coloro che, con una scarsa propensione a svolgere dell’attività fisica, dichiarano di non praticarne perché non hanno tempo.

Se essere attivi è vitale per la salute, far muovere la gente è però una sfida.

L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha un nuovo piano d’azione globale sull’attività fisica che stabilisce l’obiettivo di ridurre l’inattività fisica del 10% entro il 2025 e del 15% entro il 2030 perché l’attività fisica insufficiente è il fattore di rischio più importante per le malattie non trasmissibili, oltre che un effetto negativo sulla qualità della vita e sulla salute mentale.

Tra gli adolescenti sedentari e/o inattivi si è evidenziato il rischio di presentare umore basso, scarsa concentrazione e attenzione, perdita di interesse e altre manifestazioni legate ad uno stato depressivo (The Lancet Psychiatry).

Pare che ogni ora di inattività faccia crescere di circa il 10% il punteggio relativo ai sintomi depressivi così come un’ora di attività fisica anche leggera come camminare senza sforzo, suonare uno strumento o dedicarsi ad una pratica artistica tolga quel 10%.

Il livello di attività fisica deve dunque aumentare. È vero che molti fattori ambientali legati all’urbanizzazione demotivano le persone ad essere più attive: l’alta densità del traffico, l’inquinamento e la pessima qualità dell’aria, la mancanza di aree verdi o impianti sportivo-ricreativi, l’assenza di sicurezza lungo i marciapiedi o negli spazi all’aperto incrementano l’utilizzo dei mezzi di trasporto scoraggiando l’andare a piedi o in bicicletta.

La meccanizzazione del lavoro, i trasporti motorizzati, l’uso degli elettrodomestici e le nuove tecnologie della comunicazione ci hanno semplificato la vita, ma l’emancipazione dal lavoro fisico ha avuto un effetto negativo: la maggior parte delle persone non fa più attività fisica sul lavoro, nei contesti domestici o degli spostamenti quotidiani

Questa sedentarietà è dannosa per la salute: non dimentichiamo che all’origine della specie l’uomo doveva spostarsi per procurarsi il cibo. 

Per funzionare correttamente e mantenersi in buona salute, il nostro organismo ha bisogno ancora e soprattutto oggi di una certa dose di movimento. (Leggi l’articolo del blog: “Posologia dell’esercizio fisico”)

Il percorso individuale di lavoro fisico va accompagnato da professionisti del settore che, competenti nella scelta, nelle indicazioni e del corretto svolgimento degli esercizi a misura delle proprie caratteristiche ed esigenze fisiche, sanno anche motivare e sostenere chiunque decida di farsi guidare.

Sedentario o inattivi, sedentari e inattivi possiamo trasformare in occasioni di movimento la nostra vita privata, lavorativa e il nostro tempo libero.

Pensare di inserire gradualmente più movimento nella routine quotidiana e sempre meglio di niente…

Fonte: Piano d’azione globale per promuovere l’attività fisica – OMS (Global action plan on physical activity 2018 – 2030: more activity for a healthier world).

Fonte: Epicentro, il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica a cura dell’Istituto Superiore di Sanità.

Fonte: indagini condotte (“Sorveglianza Passi” promossa dal Centro Nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità). 

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