Lo sappiamo che camminare fa bene, è un movimento naturale ed è indicato a tutti perché non richiede troppo impegno. Anche l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) raccomanda, in fondo, quei 10 mila passi al giorno per mantenersi in salute e combattere la sedentarietà.
Ma uscire per una passeggiata, portare fuori il cane o sostenere di camminare abbastanza come unica attività motoria, può davvero essere sufficiente?
In questo articolo:
• I vantaggi di camminare
• Camminare non è tutto
• Come impegnarsi oltre a camminare
I vantaggi di camminare
Camminare è un movimento fisiologico di locomozione bipede per spostarsi, un’attività fisica di tipo aerobico e di intensità media.
È la forma di esercizio preferita perché non necessita di una preparazione, di una forma fisica e nemmeno di particolari abilità motorie.
Camminare (leggi il blog “Camminare per fare attività fisica”) determina un impatto (basso nei soggetti normopeso, elevato nei soggetti sovrappeso) sulle articolazioni come piedi, caviglie, ginocchia, anche degli arti inferiori e sulla parte lombosacrale della colonna vertebrale che viene assorbito interamente dalle strutture muscolari, tendinee, legamentarie, articolari e ossee del nostro apparato locomotore.
Se camminare fa gravare il peso corporeo sulle articolazioni sopracitate, stimola invece la muscolatura in una reazione antigravitaria per tenere il corpo in piedi, eretto.
Il movimento di oscillazione degli arti superiori in contrapposizione a quello degli arti inferiori favorisce inoltre una lieve rotazione del busto che rende meno rigido il corpo.
I vantaggi di camminare sono innumerevoli:
• accelera il metabolismo rendendolo più efficiente e favorisce un maggiore dispendio energetico (più calorie bruciate rispetto la condizione di riposo) con una discreta influenza sul peso corporeo;
• facilita la circolazione linfatica che trova nei muscoli degli arti inferiori, impegnati nella camminata, la sua pompa;
• nutre le cartilagini degli arti inferiori e della colonna vertebrale grazie alla spinta gravitaria;
• aiuta il transito intestinale favorendo le sue funzioni;
• abbassa il valore della pressione arteriosa soprattutto quando c’è ipertensione;
• migliora l’utilizzo del glucosio riducendo il rischio di diabete di tipo 2 o tenendo sotto controllo la situazione quando la patologia è in atto;
• riduce la quantità di cortisolo prodotta in risposta allo stress, facilita il riposo e il sonno, agisce sull’ ansia, l’umore e lo stato depressivo:
• protegge il cuore, il sistema circolatorio e quello respiratorio;
• riduce gli effetti dell’invecchiamento e le forme degenerative che portano alle patologie croniche e ai tumori agendo sull’infiammazione.
Camminare non è tutto
Anche se camminare consente di stare spesso all’aperto, di ricevere la luce solare necessaria per la produzione di vitamina D, di avere un contatto con la natura, di ritrovare uno stato di rilassamento e di benessere con grande beneficio sul piano psico-fisico, come attività motoria non basta.
Certo, per coloro che partono da zero, convalescenti da interventi chirurgici o da malattie, per quelli che non hanno abitudini sportive e magari sono anche sovrappeso, per chi vive costantemente in una condizione di sedentarietà e inattività (leggi il blog “Sedentari o inattivi?”) causa le modalità di studio o di lavoro (leggi il blog “Sopravvivere allo smartworking con l’attività fisica”) una semplice passeggiata può dare buoni risultati.
Ma da un punto di vista fisiologico, biologico e biomeccanico il corpo è stato programmato per muoversi, e non solo spostarsi, e per svolgere qualunque genere di attività motoria risponda agli stimoli vitali di resistenza, forza, flessibilità, controllo e equilibrio.
Pensare, dunque, di ambire ad una buona forma fisica, di tenere sotto controllo il peso corporeo, di evitare quei dolori muscolari e articolari o il mal di schiena, di badare un po’ di più all’estetica del corpo, per non parlare di prevenire i disagi fisici e le malattie, allora camminare non è sufficiente.
Camminare, anche tanto ogni giorno, non è l’attività fisica che sviluppa i muscoli aumentandone il volume e rendendoli più sodi o che dà flessibilità e maggiore elasticità al corpo!
E se camminare risponde soltanto alla capacità di resistenza cioè di lavorare in aerobia migliorando la funzionalità del sistema cardiocircolatorio e dell’apparato respiratorio (lavoro sul fiato), ci sono esercizi necessari per allenare anche la forza, la flessibilità, il controllo e l’equilibrio.
Dare un unico stimolo al corpo come quello aerobico della camminata (resistenza) cambia in modo non favorevole la composizione corporea.
Attivare il corpo in maniera completa significa:
• coinvolgere tutti i gruppi muscolari e il maggior numero di fibre muscolari nel loro ruolo dinamico e statico;
• portare la muscolatura ad un livello di impegno e di sforzo elevati, ma adeguati alle caratteristiche della persona, comprese l’età, la condizione fisica, ecc.
• fare un certo numero di ripetizioni, seguire una progressione secondo l’indicazione del trainer a cui affidarsi e rispettare i tempi di recupero.
Per ottenere dei risultati soddisfacenti su condizione e forma fisica, che abbiano a sua volta risvolti sulla stato di salute, dobbiamo mettere in conto un po’ di fatica.
Se a camminare non facciamo alcuna fatica significa che non richiediamo ai nostri muscoli nessuno sforzo. Senza sforzo il corpo, di conseguenza, non attua quegli adattamenti che portano ai benefici risultati.
Come impegnarsi oltre a camminare
È vero che se ci basiamo sulla camminata come unica attività fisica giornaliera a cui seguano i desiderati effetti, dovremmo impegnarci a farla:
• a passo sostenuto con variazione di velocità (100 passi al minuto rappresentano una camminata veloce, 130 passi al minuto una camminata molto veloce). Camminare con un’andatura di circa 4 km all’ora attiva il processo che brucia i grassi di riserva mentre con un passo più accelerato l’organismo utilizza prima gli zuccheri presenti come energia pronta da utilizzare e secondariamente o in minore misura i grassi;
• con variazione di pendenza (salita e discesa, gradini, ecc.);
• su terreni diversi che diano al piede uno stimolo mai uguale (asfalto, ciotoli di fiume, roccia, sabbia, muschio, neve o terra appena dissodata, ecc.) e ostacoli lungo il percorso;
• per una durata minima di un’ora.
Variare il ritmo, l’intensità e la velocità della camminata così come la diversità di superficie sotto i piedi e la difficoltà di percorso, comportano un impegno muscolare e un dispendio energetico differenti.
Potremmo anche decidere di camminare tenendo le braccia flesse al gomito anziché lungo i fianchi per ricevere uno stimolo a marciare a passo sostenuto. Le braccia flesse mentre si cammina coinvolgono i muscoli addominali obliqui che danno stabilità al tronco così da rendere più allenante e impegnativa la nostra camminata.
Inoltre, l’appoggio corretto del piede a terra e la spinta propulsiva che la punta del piede dà al momento dello stacco dal suolo rende più attiva e completa la camminata.
Ma ancora non basta.
Camminare attiva la resistenza fisica che è la capacità di un corpo di tollerare uno sforzo di tipo aerobico di media e lunga durata, ma un’attività fisica considerata completa aggiunge quotidianamente o alcune volte la settimana esercizi specifici di:
• forza che è la capacità muscolare di un corpo di sviluppare tensioni contraendosi per superare o opporsi alle resistenze esterne come il peso del corpo, pesi vari, carichi o elastici;
• flessibilità che è la capacità di un corpo di muoversi in modo flessuoso e fino al massimo grado di estensibilità, senza limitazioni o dolore grazie all’ampia escursione e mobilità articolare, all’ allungamento e all’elasticità delle strutture muscolari, tendinee, legamentarie e capsulari. È il contrario della rigidità;
• equilibrio e controllo che sono le capacità di un corpo di mantenere ferma una posizione contro gravità oppure di compiere un movimento o una sequenza di movimenti senza caduta, e reagendo agli elementi destabilizzanti. Equilibrio e controllo sono il risultato di precisi processi neurologici a cui prendono parte la volontà cosciente, gli schemi motori involontari controllati dal cervelletto, i sistemi sensitivi propriocettivi profondi e quelli oto-vestibolari.
Il consiglio, quindi, è di dedicare almeno 2 volte alla settimana agli esercizi specifici di forza, utilizzando manubri, elastici, pesi o il proprio corpo come peso in una routine funzionale.
Solo il lavoro di forza può definire la forma e il volume muscolari perché gli esercizi di forza e le loro sollecitazioni consentono di recuperare la perdita di massa magra (i nostri muscoli), a vantaggio della massa grassa (il tessuto adiposo), di mantenere soda e trofica, anziché flaccida, la muscolatura.
Il lavoro di forza può anche essere fatto di brevi momenti ad alta intensità alternato a quello di resistenza come camminare, fatto di lunghi intervalli di tempo a bassa o moderata intensità, così da favorire il rilascio di quegli ormoni che attivano l’organismo.
Affidarsi ad un trainer che ci supporti con una serie di esercizi personalizzati in palestra o in autonomia è la migliore scelta per dare stimoli e fornire sollecitazioni alla muscolatura che altrimenti perde lentamente la sua massa e la forza soprattutto dai 40-45 anni in poi.
Con il lavoro fisico di forza, con la ripetizione del gesto e la velocità di esecuzione aumenta anche la potenza muscolare.
Non sottovalutare però il fatto che trasformare la spesa settimanale con le sue borse da portare in casa in una seduta di lavoro di forza è una forma di allenamento casalingo!
Ci sono poi gli esercizi di flessibilità conosciuti anche come allungamento (la tecnica più in uso è quella dello stretching) che praticati regolarmente alcuni minuti al giorno (da eseguire con gradualità al mattino dopo il risveglio per attivare il corpo, dopo una camminata, un lavoro domestico impegnativo e durante il tempo trascorso al computer, per esempio) restituiscono elasticità a livello muscolare, tendineo, legamentario e articolare.
Guadagnare mobilità significa evitare quelle condizioni di dolore e limitazione legate alla rigidità.
E infine gli esercizi per l’equilibrio e il controllo posturale per dare stabilità al nostro corpo sia quando siamo fermi in certe posizioni e contrastiamo la forza di gravità sia quando eseguiamo movimenti di una certa complessità rimanendo stabili.
È dal mancante equilibrio che si allena la stabilità perché il sistema neuromuscolare si adatta gradualmente dall’appoggio instabile (su tavolette, superfici morbide, ecc.) a quello stabile.
Solo con il coinvolgimento di ogni singolo muscolo con precise contrazioni è possibile reagire ad un eventuale caduta, è possibile adattare la camminata o la stazione eretta al terreno sconnesso o il controllo in un gesto complesso.
Anche l’equilibrio per essere migliore ha bisogno di esercizi adatti.
In qualsiasi momento della giornata e in qualunque condizione legata all’ambiente in cui ci troviamo, il sistema tonico posturale insieme al lavoro muscolare adatta l’equilibrio ai continui cambiamenti.
Così, se camminare regolarmente allunga le aspettative di vita, avere un corpo resistente, forte, flessibile e “in equilibrio” ci fa sentire bene e:
• ci preserva da cadute, traumi infortuni vari;
• ci rende più attivi ed efficienti nel lavoro, nello sport, nelle diverse attività quotidiane;
• ci difende dalle patologie cardiache, metaboliche, e degenerative;
• ci dona un aspetto estetico migliore oltre che garantirci l’adattamento ai contesti in cui viviamo.
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