SOPRAVVIVERE ALLO SMARTWORKING CON L’ATTIVITÀ FISICA

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ci ha fatto sperimentare una modalità lavorativa che ci consente di lavorare in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata (anywhere and anytime), in questo caso da casa, utilizzando i dispositivi mobili come il proprio computer, il tablet, lo smartphone, ecc.: lo smartworking.

Caratteristico di alcuni settori oggi lo smartworking sta coinvolgendo tutti gli ambiti e tutte le persone e sembra improntare il futuro del mondo del lavoro: bisogna però sapersi organizzare bene.

È vero che lo smartworking o il lavoro agile è un modo flessibile di adempiere ai propri impegni lavorativi, ma, al di là dei numerosi vantaggi tra i quali poter lavorare da casa oppure avere tutto il tempo a disposizione, comporta una serie di conseguenze sul piano psico-fisico e sulla salute.

L’impatto dell’attività digitale nella vita delle persone, l’isolamento dal contesto lavorativo, relazionale e i mancati spostamenti giornalieri penalizzano lo slancio motorio e favoriscono i comportamenti sedentari. Si resta troppo a lungo fermi e seduti (leggi l’articolo del blog:”Perché troppo fermi e seduti fa male?”).

Sappiamo che i comportamenti sedentari influiscono sull’aumento del peso corporeo, delle problematiche osteoarticolari, del livello del colesterolo e della pressione sanguigna, così come possono disturbare il ritmo sonno-veglia, dare irritabilità e rendere più difficile la concentrazione.

Un corpo fermo in uno spazio limitato, una mente interconnessa, l’uso continuo dei dispositivi tecnologici, la costante reperibilità, la richiesta di risposte e soluzioni rapide, l’interferenza e la sovrapposizione tra lavoro e vita privata provocano un aumento dei livelli di stress con ripercussioni anche sul sistema immunitario.

Se da un lato lo smartworking non entra in merito all’orario, dà più opportunità e libertà di tempo perché punta sugli obiettivi, dall’altro disorienta facendoci rischiare perdite di tempo e di concretezza nell’organizzazione giornaliera.

Ci si dimentica di fare una pausa o spesso si rimanda a più tardi con il rischio non solo di muoversi poco, ma anche di precipitare nell’overwork e di esagerare.

Lo smartworking riduce inevitabilmente la quantità di attività motoria compiuta normalmente durante la giornata e, svolgendosi negli spazi casalinghi, accorcia il raggio d’azione e gli spostamenti. Confinati in casa siamo tutti più fermi.

Il danno fisico legato all’inattività, alla ripetitività di piccoli gesti poco funzionali per il nostro corpo (digitare, spostare il cursore o il mouse, ecc.) o ai rischi ergonomici (tipo di sedia, posizione al computer, ecc.) è valutabile nell’immediato e nel tempo.

Liberi di stare come ci pare, vestiti comodi, a casa lavoriamo senza dubbio in posizioni molto più rilassate, molto meno corrette e funzionali di quando siamo sul posto di lavoro sotto gli occhi di tutti. Così facendo perdiamo il ritmo di prenderci cura di noi stessi.

Contrastare la sedentarietà è il primo consiglio suggerito oltre che stabilire dei ritmi di impegno lavorativo ben definiti alternati a pause attive.

Lo smartworking comporta tensioni fisiche e mentali che si traducono in contratture fisiche e stress mentale perché il corpo non convoglia la sua energia in nessuna espressione motoria. Non basta alzare il dispositivo digitale all’altezza degli occhi per evitare di piegare la testa in avanti oppure evitare di utilizzare poltrone e divani come postazione di lavoro o le gambe accavallate!

La gestione dello smartworking prevede l’interruzione del lavoro per permettere alla muscolatura sollecitata nella posizione seduta di evitare il sovraccarico di lavoro e a quella poco stimolata di lavorare di più. Ecco perché è importante staccare con regolarità e muoversi. Se la sedia su cui sediamo a lungo non è ergonomica o non è una fitball, le interruzioni devono essere più frequenti.

È il tessuto connettivo ad essere coinvolto quando si è a lungo fermi e seduti, responsabile di retrazioni e disturbi muscolari e articolari.

Non è la postura sbagliata a creare tensioni muscolari al collo e alla schiena, ma la quasi immobilità con minime variazioni di posizione spesso verso quella più rilassata. 

L’impegno di non rinunciare alla salute comporta l’interruzione dello smartworking con brevi intervalli dedicati al movimento come fare esercizio fisico di resistenza, flessibilità e forza e ai bisogni primari come idratarsi, alimentarsi e andare al bagno. 

Usando un timer da cucina possiamo impostare le sessioni di lavoro della durata di 30-60 minuti a cui aggiungere la pausa attiva di 5-10 minuti. Ogni 2-3 tre ore di lavoro circa far seguire 30 minuti per camminare, possibilmente all’aperto, senza fermarsi, a passo sostenuto unendo qualche movimento complementare alle anche, ginocchia e caviglie, per esempio, (alzare le ginocchia al petto, procedere sugli avampiedi per contrarre di più i polpacci, portare i talloni ai glutei) per far circolare la linfa (leggi l’articolo del blog:”Muoversi per…far circolare”).

Rimanere attivi, pur confinati in casa o in spazi limitati, è il modo migliore di affrontare lo smartworking ed evitare le sgradevoli ripercussioni muscolo- scheletriche, circolatorie e metaboliche. 

È vero che contrastare la posizione seduta con una serie di azioni fisiche come i lavori domestici o le incombenze familiari può dare già molti benefici.

Nel mondo anglosassone la Non-exercise activity thermogenesis (NEAT) già da tempo definisce quel processo metabolico di dispendio energetico facendo quotidiane attività non paragonabili alla vera attività fisica, che tengono in movimento il nostro corpo. Così muoversi a tempo di musica, camminare mentre si telefona, stare in piedi, piegarsi, salire e scendere le scale, fare i lavori di casa e gestirla, accovacciarsi, spostare oggetti, giocare con i bambini sono movimenti ordinari eseguiti da tutti abitualmente e utili ad un corpo sedentario.

Ma non basta. Lo smartworking deve essere sostenibile per consentire al corpo di stimolare ogni giorno nelle giuste dosi (leggi l’articolo del blog:”Posologia dell’esercizio fisico”) la resistenza, la forza, e la flessibilità attraverso esercizi specifici. Potrebbe bastare seguire un corso di ginnastica on-line, curiosare tra i tutorial sul web o scaricare una app, ma è importante essere cauti e consapevoli delle proprie limitazioni, tener conto delle proprie caratteristiche fisiche, dei bisogni legati alla condizione fisica per non sollecitare troppo e male un corpo che rimane a lungo seduto soprattutto quando non si ha una grande esperienza. 

L’allungamento muscolare porta in detensione anche i tendini, i legamenti, le fasce di tessuto connettivo che avvolgono queste strutture liberando così le articolazioni e ridando quell’elasticità e leggerezza fisiologiche. Del resto “stiracchiarsi” viene naturale soprattutto al risveglio quando il corpo si desta da un lungo intervallo di immobilità! 

Conoscere “perché” fanno bene certi esercizi fisici aiuta a cogliere l’importanza e a farli più volentieri.

I benefici dell’attività fisica per lo smartworking si hanno solo se la svolgiamo regolarmente e, anche se poco esercizio è meglio di niente, vale la regola che sia costante.

Lavorare da remoto con i dispositivi digitali è la premessa dei nuovi scenari di domani. Lo smartworking si è diffuso, ma al centro deve stare la salute delle persone. Con l’attività fisica si può.

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